Sicurezza & vaccini: falsi miti e disinformazione

Pubblicato il 13/01/2021 - lettura stimata: 33 minuti
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L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la reticenza verso il vaccino come una delle dieci principali minacce per la salute globale nel 2019. Le ragioni per cui le persone scelgono di non vaccinarsi sono complesse, ma una delle principali sembra essere la sfiducia nella sicurezza del vaccino, dovuta alla preoccupazione per gli effetti collaterali.

Gli operatori sanitari, specialmente quelli locali, rimangono coloro che più influenzano le decisioni sui vaccini. È importante, quindi, che siano sostenuti da un facile accesso a informazioni affidabili e basate su prove di efficacia dei vaccini. Anche se genitori e pazienti hanno varie preoccupazioni sulla sicurezza dei vaccini, tra le più comuni c’è il timore che contengano eccessivi coadiuvanti come l'alluminio, o conservanti come il mercurio, oppure agenti inattivanti come la formaldeide e i residui di fabbricazione come i frammenti di DNA umano o animale; oppure ritengono che la quantità di vaccini di per sé sovraccarichi, indebolisca o disturbi il sistema immunitario.

Di conseguenza, alcuni temono che i vaccini stiano causando autismo, diabete, ritardi nello sviluppo, iperattività e disturbi da deficit di attenzione, tra gli altri. In questa rassegna affronteremo molti di questi argomenti ed evidenzieremo il solido corpus di prove scientifiche che smentiscono le preoccupazioni comuni sulla sicurezza dei vaccini.

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Sicurezza del vaccino nel 2021: introduzione

I vaccini sono tra le più grandi conquiste di salute pubblica dei tempi moderni. Hanno salvato e continuano a salvare milioni di vite in tutto il mondo. Il loro successo è tale che in ambienti ad alto reddito la maggior parte dei pazienti, dei genitori e degli operatori sanitari non hanno esperienza diretta delle conseguenze devastanti di molte delle malattie che i vaccini prevengono.

Negli ultimi decenni la reticenza verso i vaccini è emersa come uno dei principali problemi di salute pubblica che porta all'insorgere di infezioni trasmissibili come il morbillo. Le ragioni del rifiuto del vaccino sono complesse e variano a seconda del contesto geografico e culturale. Tuttavia, la preoccupazione per la sicurezza del vaccino continua a far calare di molto la diffusione del vaccino nella maggior parte dei contesti (Larson et al., 2014).

Vaccini - falsi miti e disinformazione

Questa preoccupazione è alimentata dalla disinformazione e diffusa attraverso gruppi organizzati di antivaccinisti, social media e celebrità. Nonostante la mole di dati scientifici a sostegno della sicurezza dei vaccini attualmente raccomandati, continua ad essere arduo contrastare le false informazioni per convincere le popolazioni sospettose verso il vaccino.

Se da un lato ci saranno sempre individui con convinzioni radicate sui quali i dibattiti documentati sulla sicurezza dei vaccini hanno scarso impatto, è stato però più volte dimostrato che le raccomandazioni degli ambulatori influenzano molto il processo decisionale sui vaccini (Smith et al., 2017).

Quindi è importante che gli operatori sanitari siano in prima linea nel comprendere i dati disponibili sulla sicurezza e si sentano in grado di dare un parere valido e supportato da prove scientifiche. In questo articolo discuteremo le più comuni controversie sulla sicurezza dei vaccini, riassumeremo i dati disponibili e evidenzieremo alcuni di quelli che riteniamo essere gli studi di ricerca più importanti per ogni argomento (Tabella 1).

 

Falsi miti sulla sicurezza dei vaccini Fatti da conoscere
Troppi vaccini, troppo presto ● Il numero dei componenti immunologici dei vaccini è calato nel tempo.
● I 14 vaccini attualmente nel piano degli Stati Uniti contengono 160 proteine immunologiche in totale. Il vaccino contro il vaiolo ne contiene 200.[2]
Troppi vaccini possono sovraccaricare il sistema immunitario Il vaccino MMR provoca autismo ● Dati epidemiologici e biologici mostrano che la crescita del numero di vaccini non ha effetti sulle funzionalità immunitarie.
● Lo studio che ha lanciato l’accusa prendeva in considerazione 12 bambini. Il paper è stato in seguito ritrattato per evidente distorsione dei dati.
● Diversi studi su larga scala, tra cui uno studio su mezzo milione di bambini, hanno mostrato che non c’è associazione tra la somministrazione di MMR e il rischio di autismo.
Il vaccino contro HPV aumenta il rischio di malattie autoimmuni ● Sono state somministrate più di 270 milioni di dosi di vaccino contro HPV.
● Diversi studi ben strutturati non hanno rilevato nessuna correlazione tra HPV e malattie autoimmuni.
Il vaccino contro l’influenza fatto nei primi mesi di gravidanza aumenta il rischio di aborti ● Uno studio su 2762 donne non ha mostrato associazione tra il vaccino e l’aborto spontaneo.

Tabella 1. Fatti da sapere, in contrasto ad alcune preoccupazioni comuni sulla sicurezza dei vaccini.

I vaccini causano autismo?

Il collegamento ipotizzato tra il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (MMR) e disturbi dello spettro autistico ha una storia lunga e complessa, a partire da un articolo (poi ritirato) nella rivista Lancet nel 1998 (Wakefield et al., 1998). L’articolo è stato ritrattato a causa di un'errata rappresentazione dei dati clinici e biologici, problemi che hanno in parte causato la radiazione dall’Albo dei medici del Regno Unito il suo autore principale, Andrew Wakefield.

Questo articolo descriveva 12 bambini con una storia di disturbo pervasivo dello sviluppo (PDD), 8 dei quali erano affetti da autismo, insieme alla sintomatologia intestinale. Nell’articolo si avanzava l'ipotesi che la somministrazione del vaccino MMR avesse portato a un'infiammazione intestinale, con l'ingresso nel flusso sanguigno di proteine che hanno portato a un'infiammazione cerebrale e allo sviluppo del PDD, oltre al disturbo autistico.

Il documento era problematico per diversi aspetti, tra cui il fatto che non era stato effettuato un vero e proprio confronto tra bambini sottoposti al MMR e bambini non sottoposti. Inoltre, l'unica correlazione tra MMR e autismo è stata che l’MMR era stato assunto in un periodo di tempo vicino alla diagnosi di autismo. Dal momento che, nella storia naturale della malattia, lo sviluppo dei sintomi dell'autismo può verificarsi in un'età simile a quella di ricezione di MMR, questa apparente correlazione non sorprende. Infine, anche se questa ipotetica patogenesi ha visto un'infiammazione intestinale come fase intermedia, tutti e 8 i casi di autismo hanno avuto sintomi intestinali che sono iniziati dopo la diagnosi di autismo, non prima.

Questo articolo, anche se in seguito è stato ritrattato, ha portato dopo la sua pubblicazione ad un'ampia copertura mediatica di questa associazione; si è sviluppata una diffusa preoccupazione per la sicurezza della vaccinazione MMR. In questo contesto, la copertura del vaccino MMR nel Regno Unito e altrove è calata precipitosamente, portando al riemergere del morbillo come problema di salute pubblica e della morbilità e mortalità associate.

Ampi studi epidemiologici (in particolare i due che citeremo) hanno da allora chiaramente smentito l’associazione ipotizzata, e hanno sostanzialmente affermato che la vaccinazione, e il vaccino MMR in particolare, non hanno un legame di correlazione né di causalità con i disturbi dello spettro autistico.

Nel 1999, un anno dopo l'articolo di Lancet, un altro studio di coorte retrospettivo di circa 500 bambini è stato condotto nella regione del Tamigi settentrionale dell'Inghilterra, esaminando i disturbi dello spettro autistico nei bambini sia prima che dopo l'introduzione del vaccino MMR nel 1988 (Taylor et al., 1999).

Questo studio non ha rilevato differenze nel tasso di immunizzazione tra i bambini con diagnosi di autismo e quelli senza questa diagnosi. Allo stesso modo, non è stata osservata alcuna variazione nell'età della diagnosi di autismo tra bambini vaccinati e non vaccinati.

Un più ampio studio di coorte retrospettivo, e ad oggi uno dei risultati più rilevanti per l’assenza di legame causale tra vaccino MMR e autismo, è stato eseguito da un gruppo danese e pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2002 (Madsen et al., 2002). Gli autori hanno esaminato i dati di più di mezzo milione di bambini nati in Danimarca durante il periodo di studio (1991-1998) e non hanno trovato alcuna associazione tra l'età alla vaccinazione, la ricezione della vaccinazione, o il tempo trascorso dalla vaccinazione, e lo sviluppo di disturbi dello spettro autistico.

Ci sono troppi vaccini in programma?

Il primo vaccino è stato introdotto da Edward Jenner nel 1796 e ha portato all'eradicazione del vaiolo in tutto il mondo (Riedel, 2005). Attualmente sono disponibili vaccini autorizzati che prevengono 26 diversi agenti patogeni umani. A seconda della regione geografica possono essere raccomandate anche 30 dosi di vaccini ai bambini, che proteggono fino a 20 diverse malattie nei primi 24 mesi di vita ([Organizzazione Mondiale della Sanità OMS], 2019).

I bambini ricevono il maggior numero di vaccini durante il primo anno di vita, in un momento in cui sono più vulnerabili alle devastanti conseguenze di infezioni batteriche invasive come lo pneumococco o la meningite Haemophilus influenzae. Il numero crescente di vaccini in programma ha sollevato delle preoccupazioni tra alcuni gruppi di reticenti, in merito sugli effetti sul sistema immunitario e sullo sviluppo neurologico di un bambino.

Questo a sua volta ha portato alla pratica pericolosa di programmi individualizzati. La tempistica del programma vaccinale raccomandato tiene conto dei tempi di calo dell'anticorpo materno e di maturazione del sistema immunitario, della suscettibilità alla malattia, dell'efficacia e del dosaggio del vaccino.

I vaccini presenti nel programma sono stati testati nelle loro formulazioni finali con altri vaccini somministrati contemporaneamente. Chi somministra programmi vaccinali alternativi, affrontando queste preoccupazioni con un approccio non scientifico, ritardando o dividendo i vaccini, ad esempio, legittima preoccupazioni infondate per la sicurezza e mette inutilmente a rischio i propri pazienti (Offit et al., 2002; Offit e Moser, 2009).

Mentre il numero di vaccini è aumentato significativamente nel tempo, il numero di componenti immunologiche nei vaccini è diminuito. Se il vaccino antivaioloso conteneva circa 200 proteine, i 14 vaccini raccomandati nel programma degli Stati Uniti, insieme, contengono circa 160 componenti immunologiche (cioè proteine virali, proteine batteriche e polisaccaridi batterici) (Offit et al., 2002).

Tre fattori spiegano questo declino: primo, l'eradicazione del vaiolo in tutto il mondo ha evitato la necessità di quel vaccino; secondo, i progressi nella chimica delle proteine e nella purificazione delle proteine; terzo, la nascita della tecnologia del DNA ricombinante ha portato a vaccini che contengono meno antigeni.

Ricevere più vaccini può indebolire il sistema immunitario?

I dati epidemiologici e immunologici confutano l’idea che i vaccini indeboliscano la risposta immunitaria. In un ampio studio di coorte danese che comprendeva 805.206 bambini nati tra il 1990 e il 2001 non sono state osservate associazioni tra numero di vaccinazioni e ricoveri con infezioni diverse da quelle obiettivo dal vaccino (Hviid et al., 2005).

Un secondo studio caso-controllo nidificato ha preso in considerazione 944 pazienti di 6 organizzazioni sanitarie statunitensi per esaminare l'esposizione cumulativa all'antigene del vaccino nei primi 24 mesi di vita e il rischio di infezioni non vacciniche da 24-47 mesi.

Il gruppo di studio non ha trovato differenze nell'esposizione cumulativa agli antigeni del vaccino tra i bambini ricoverati in ospedale con un'infezione non mirata al vaccino e quelli che non lo erano (Glanz et al., 2018). I dati epidemiologici sono supportati da prove biologiche.

Uno studio in Canada che indaga l'impatto della vaccinazione sul sistema immunitario ha confrontato la risposta immunitaria a stimoli generali non specifici dell'antigene in bambini completamente non vaccinati rispetto a bambini vaccinati a 3-5 anni di età. Sono state confrontate le risposte innate e adattive.

Gli studiosi non hanno trovato alcuna differenza nei risultati immunologici nei bambini vaccinati. Inoltre, in entrambi i gruppi sono state osservate forti risposte, sia innate sia adattive, ai pattern microbici associati all'agente patogeno e agli stimolanti generici delle cellule T (Sherrid et al., 2017). 

Somministrare vaccini nei primi 24 mesi di vita ha un impatto sullo sviluppo neurologico?

Di fronte all'ampio corpus di dati sulla sicurezza che non dimostrano alcun legame tra il vaccino MMR e l'autismo, una nuova preoccupazione spesso menzionata dai gruppi di antivaccinisti è che il numero di antigeni a cui sono esposti i bambini nel primo anno di vita ha un effetto negativo sullo sviluppo neurologico.

Anche questo aspetto è stato vagliato e non è stata trovata alcuna correlazione tra numero di antigeni del vaccino ricevuto ed esiti neuropsicologici avversi (Iqbal et al., 2013), né è stata dimostrata una differenza negli esiti neuropsicologici in coloro che hanno ricevuto i vaccini in tempo nel primo anno di vita rispetto ai programmi in ritardo (Smith e Woods, 2010).

I coadiuvanti e i conservanti usati nei vaccini sono sicuri?

Dal momento che studi epidemiologici su larga scala hanno ampiamente smentito qualsiasi legame tra gli antigeni del vaccino ed esiti negativi dello sviluppo neurologico, le resistenze ai vaccini più recenti si sono concentrate sulla sicurezza di una varietà di ingredienti del vaccino - tra cui i coadiuvanti e conservanti. Due dei più comunemente citati sono l'alluminio e il mercurio.

L'alluminio è il terzo elemento più presente nell'ambiente e il primo metallo, e si trova in grande quantità nel terreno, nell'acqua, nelle piante e nell'aria. Si trova in una varietà di prodotti di consumo, così come in tutta la catena alimentare umana, e in molti prodotti farmaceutici. Nei vaccini, l'alluminio è usato come coadiuvante, un componente che aumenta la risposta immunitaria agli antigeni del vaccino.

Quando si usano i coadiuvanti, essi consentono di somministrare quantità più piccole di vaccino, oltre a un minor numero di dosi. L'alluminio è stato utilizzato in una varietà di vaccini, tra cui l'epatite A e B, H. influenzae di tipo b, e vaccini pneumococcici.

Come componente dei vaccini, l'alluminio è stato ampiamente testato prima dell’autorizzazione in test clinici relativi alla sicurezza. Dagli studi che esaminano l'esposizione all'alluminio dei neonati sappiamo che la quantità cumulativa di alluminio proveniente dai vaccini nei primi 6 mesi di vita è in realtà molto inferiore a quella introdotta con la dieta, sia con latte materno sia con latte artificiale (Keith et al., 2002; Mitkus et al., 2011).

Entrambe le fonti espongono comunque meno del livello di rischio minimo regolamentare (MRL), stabilito dalla Agency for Toxic Substances andDisease Registry [Agenzia per le sostanze tossiche e il registro delle malattie]. I sali di alluminio provenienti da vaccini e da altre fonti sono stati valutati come sicuri in studi che esaminano i livelli di alluminio nel sangue e nei capelli dei neonati, oltre agli esiti dello sviluppo neurologico (Karwowski et al., 2018).

Tali studi non hanno dimostrato un legame tra le concentrazioni di alluminio nel sangue e nei capelli e la ricezione di vaccini, né tra le concentrazioni di alluminio nel sangue e nei capelli e gli esiti dello sviluppo neurologico.

Il mercurio, o più specificamente il composto contenente etilmercurio detto “thimerosal”, è stato usato in molte occasioni passate come conservante nelle fiale multidose di vaccino.

Dato che alcune forme di mercurio sono note per essere neurotossiche, in passato si è temuto che questo composto contenente mercurio potesse rappresentare un pericolo per la sicurezza del paziente. Tuttavia, la forma di mercurio contenuta nel thimerosal (etilmercurio) è molto diversa dal più tossico metilmercurio, nonostante la somiglianza dei loro nomi. L'etilmercurio viene eliminato rapidamente dai tessuti umani e non si accumula in modo sostanziale, a differenza del metilmercurio.

Quando si è esaminata la sicurezza del thimerosal come componente del vaccino, non è stato riscontrato alcun rischio associato, oltre a una mancanza di prove per l’eventuale aumento del rischio di autismo (Tozzi et al., 2009; Price et al., 2010).

I vaccini contengono frammenti di DNA umano e animale?

Visto che alcuni vaccini sono prodotti utilizzando linee cellulari di embrioni umani, alcuni residui di DNA umano possono essere trovati ad esempio nei vaccini contro varicella, rosolia, epatite A, e in uno dei vaccini antirabbici. È stata sollevata una preoccupazione per la sicurezza in merito all'esposizione dei pazienti vaccinati a tale DNA.

Ci sono una serie di ragioni per credere che questa esposizione non rappresenti un pericolo per i destinatari del vaccino.

La principale di queste ragioni è il fatto che il DNA umano è altamente sensibile alla distruzione da parte di processi chimici, e gran parte del DNA coinvolto nella creazione di questi vaccini viene distrutto nel processo. Il risultato finale contiene solo quantità minime di DNA residuo, tutto frammentato, che non rappresenta un genoma vitale. Inoltre, porzioni isolate di DNA non possono incorporarsi in un nuovo genoma senza che siano coinvolti diversi processi aggiuntivi. Questa è tra principali ragioni che rendono le terapie geniche così difficili.

Piccole quantità di DNA umano residuo sono state valutate come sicure da almeno due gruppi di ricercatori, che hanno usato sia modelli probabilistici che modelli animali. Tutti questi studi concordano in generale sul fatto che sarebbero necessarie dosi equivalenti nell'ordine di milioni o trilioni della quantità di DNA contenuto nei vaccini prima che il rischio, ad esempio, di un evento oncogeno, diventi apprezzabile (Wierenga et al., 1995; Yang, 2013).

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I vaccini causano malattie autoimmuni?

Le associazioni tra vaccini e autoimmunità sono un'altra preoccupazione frequente per la sicurezza e sono state studiate approfonditamente in relazione ad una serie di diversi disturbi autoimmuni (AI), tra cui il diabete mellito di tipo 1 (DM di tipo 1), la sindrome di Guillain Barré (GBS), la sclerosi multipla (SM) e altri disturbi demielinizzanti. Gli studi epidemiologici esistenti non hanno trovato alcuna associazione tra il numero di vaccini diversi e un aumento del rischio di disturbi autoimmuni.

Due recenti revisioni sistematiche che hanno esaminato l'associazione tra i diversi vaccini individuali e i disturbi demielinizzanti centrali (epatite B, papilloma virus umano (HPV), influenza, MMR, varicella, tetano, Bacillo di Calmette Guérin (BCG), poliomielite o difterite) hanno concluso che non esisteva alcuna relazione tra la ricezione di un vaccino e lo sviluppo della SM (Mailand e Frederiksen, 2017; Mouchet et al., 2018).

Anche i collegamenti con il DM di tipo 1 sono stati ampiamente studiati. Uno studio tedesco che comprendeva più di 1900 bambini di una serie di dati di coorte non ha trovato alcuna associazione tra la vaccinazione e lo sviluppo del DM di tipo 1 in bambini con un alto rischio familiare di disturbi autoimmuni (Beyerlein et al., 2017). Una meta-analisi di 23 diversi studi caso-controllo, tra cui 11 diversi vaccini e 13.000 pazienti, non ha trovato alcuna associazione tra la vaccinazione e il rischio di DM di tipo 1 (Morgan et al., 2016).

Il Comitato consultivo sulle pratiche di vaccinazione (Advisory Committee on Immunization Practices - ACIP) fornisce una raccomandazione precauzionale sul vaccino antinfluenzale per i pazienti con una storia di sindrome di Guillain Barré entro 6 settimane dal ricevimento del vaccino a causa di dati che suggeriscono un possibile aumento marginale del rischio. I dati su questa associazione sono variabili e sono stati rilevati in alcune stagioni ma non in altre.

Una metanalisi di 39 studi osservazionali controllati ha rilevato che il rischio relativo di GBS dopo la ricezione di qualsiasi vaccino antinfluenzale era di 1,41 (Martin Arias et al., 2015). Il team di Vaccine Safety Datalink, in un'analisi di un intervallo di rischio auto-controllato dei dati della stagione influenzale 2009-2010, ha trovato un'associazione tra il rischio di GBS e il vaccino monovalente inattivato (MIV) contro l'H1N1, ma non in associazione con il vaccino trivalente inattivato (TIV) (Greene et al., 2012).

Tuttavia, in una successiva analisi che ha incluso la stagione 2010-2011 e corretto la precedente per quanto riguarda l'infezione respiratoria, non c'è stato un aumento del rischio per 1,27 milioni di dosi di MIV (2009-10), né per 2,8 milioni di dosi di TIV (2010-11) (Greene et al., 2013). Il rischio di GBS entro 6 settimane dall'infezione influenzale è maggiore rispetto a dopo il vaccino.

Uno studio canadese con un disegno di intervallo di rischio auto-controllato ha esaminato 2831 ricoveri per la sindrome di Guillain-Barré; 330 hanno ricevuto un vaccino antinfluenzale e 109 hanno avuto una visita medica per influenza nelle 42 settimane prima del ricovero. I rischi collegati ai ricoveri per la GBS entro 6 settimane sono stati 1⋅03 per milione di vaccinazioni, rispetto a 17⋅2 ricoveri per milione di casi di visita medica per influenza (Kwong et al., 2013).

Negli ultimi anni, il vaccino contro l'HPV è stato un argomento di particolare preoccupazione. La disinformazione che circonda i vaccini contro l'HPV ha tragicamente portato ad una minore diffusione in molti Paesi, negando a milioni di adolescenti l'opportunità di essere protetti da tumori mortali legati all'HPV in età avanzata.

Nel frattempo, in Australia, dove è stata mantenuta un'elevata diffusione, un recente studio di modellazione indica dei progressi verso l'eliminazione del cancro della cervice uterina come problema di salute pubblica (Hall et al., 2019). Dall'ingresso sul mercato nel 2006, sono state somministrate in tutto il mondo più di 270 milioni di dosi di vaccino contro l'HPV, di cui 100 milioni negli Stati Uniti ([Centers for Disease Control and Prevention CDC], 2019).

Gli studi hanno ripetutamente dimostrato che si tratta di un vaccino sicuro e ci sono forti evidenze epidemiologiche che smentiscono le affermazioni di un'associazione con le malattie autoimmuni. Tra queste (in particolare) lo studio di una vasta coorte di popolazione in Danimarca e Svezia, che ha analizzato più di 696.000 dosi di vaccino HPV-4 e non ha trovato alcuna prova di un'associazione con disturbi autoimmuni (Arnheim-Dahlstrom et al., 2013). Inoltre, un grande studio caso-controllo in Francia ha confrontato 211 casi di malattia autoimmune con 875 controlli.

Non è stata trovata nessuna associazione tra il vaccino HPV e diversi disturbi autoimmuni (cioè, porpora trombocitopenica immune (PTI), GBS, disturbi del tessuto connettivo, DM di tipo 1, e tiroidite autoimmune) (Grimaldi-Bensouda et al., 2017). Questo studio è coerente con i risultati di uno studio di coorte basato su registro in Finlandia che comprendeva 134.615 femmine vaccinate (Skufca et al., 2018) e uno studio di 6 anni di dati post-licenziamento nel Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) che non ha rilevato inaspettati problemi di sicurezza (Arana et al., 2018).

I vaccini attualmente somministrati in gravidanza sono sicuri?

Mentre i vaccini hanno contribuito in modo significativo alla riduzione della mortalità infantile, sono stati più lenti i progressi nel ridurre i decessi nei neonati troppo giovani per i vaccini. La somministrazione di vaccini alle gestanti ha il potenziale di proteggere i neonati più vulnerabili dalle malattie gravi e dalla morte, oltre a proteggere le donne stesse dall'aumento della morbilità e della mortalità in un periodo di alterazione delle funzioni immunitarie.

Si raccomanda di somministrare vaccini contro l'influenza e la pertosse (Tdap) durante la gravidanza nella maggior parte dei Paesi ad alto reddito. Il vaccino contro il tetano rimane una raccomandazione in ambienti in cui esiste un rischio costante di tetano neonatale. Alcuni dati recenti del CDC rilevano che nel periodo 2010-2018 le donne in gravidanza costituivano il 24-34% dei ricoveri stagionali associati all'influenza, tra le donne di 15-44 anni, e un totale di 3.928 ricoveri correlati alla pertosse tra i neonati di età inferiore ai 2 mesi (Lindleyet al., 2019).

Nonostante questa chiara responsabilità di vaccinare contro le malattie durante la gravidanza, i tassi di vaccinazione rimangono bassi. I tassi di copertura della vaccinazione contro l'influenza e il Tdap durante la gravidanza negli Stati Uniti, come riportati nell'aprile 2019, sono stati rispettivamente del 53,7 e del 54,9% (Lindley et al., 2019).

Le preoccupazioni per la sicurezza e la raccomandazione dei sanitari sono tra i fattori più importanti che influenzano la diffusione del vaccino in gravidanza (Wilson et al., 2015).

I vaccini contro l'influenza e la pertosse sono raccomandati durante la gravidanza sia dalle agenzie federali che dai gruppi di consulenza non governativi. Visto che milioni di donne incinte hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale durante la gravidanza, esiste una grande quantità di dati che ne conferma la sicurezza.

Numerosi studi di coorte ben svolti non hanno trovato alcuna associazione tra vaccino antinfluenzale e problemi in gravidanza o conseguenze sui bambini, tra cui malformazioni alla nascita, nati morti, aborto spontaneo, basso peso alla nascita e bassi indici Apgar (Kharbanda et al., 2013, 2017; Zerbo et al., 2017). È stato studiato anche il periodo di vaccinazione, visto il rischio di somministrazione nel primo trimestre, ed è stato ripetutamente dimostrato che è sicuro (Kharbanda et al., 2017).

Una revisione critica di uno studio del 2017 che sosteneva un'associazione teorica tra il vaccino antinfluenzale e l'aborto spontaneo ha trovato in esso una serie di difetti metodologici, tra cui le piccole dimensioni del campione e la corrispondenza non appropriata dei casi e dei controlli. Uno studio di follow-up dello stesso gruppo, che ha esaminato un campione più ampio di 2762 donne (tre volte la quantità del documento originale), non ha mostrato alcuna associazione significativa tra l'aborto spontaneo e il vaccino antinfluenzale, indipendentemente dallo stato di vaccinazione della stagione precedente (Donahue et al., 2019).

Analogamente, il vaccino per la pertosse si è dimostrato sicuro in gravidanza in numerosi studi di coorte svolti correttamente (Sukumaran et al., 2015; DeSilva et al., 2016, 2017; Layton et al., 2017). La sfida più grande per la vaccinazione in gravidanza non è tanto la scarsità di dati sulla sicurezza, ma l'incapacità di comunicarli adeguatamente ai pazienti.

Sono attualmente in fase di sviluppo una serie di vaccini da somministrare alle donne in gravidanza, tra cui i vaccini contro il virus sinciziale respiratorio, lo streptococco di gruppo B, il virus Zika e il CMV. Dato questo scenario è fondamentale sforzarsi di migliorare la fiducia nella sicurezza dei vaccini durante la gravidanza sia tra le donne incinte che tra gli operatori sanitari (Heath et al., 2017).

I vaccini hanno effetti collaterali gravi o pericolosi per la vita?

I vaccini vengono somministrati a persone sane e quindi si attengono a uno standard di sicurezza ancora più elevato rispetto ai medicinali utilizzati per il trattamento delle malattie. Vengono sottoposti a rigorosi studi di sicurezza ed efficacia nella fase precedente all’autorizzazione.

Al fine di identificare i rari effetti collaterali che possono essere stati tralasciati negli studi pre-autorizzazione, i vaccini sono sottoposti a un continuo monitoraggio post-autorizzazione. L'infrastruttura attuale fornisce molti dati sugli effetti collaterali rari dei vaccini.

L'anafilassi è un esempio di un effetto collaterale di vaccini, raro ma pericoloso per la vita; i dati più recenti degli Stati Uniti che collegano i dati sulla sicurezza dei vaccini identificano un tasso di anafilassi di 1,31 (95% di IC, 0,90-1,84) per milione di dosi di vaccino e nessun decesso (McNeil et al., 2016).

Quando si considerano gli effetti collaterali molto rari dei vaccini si dovrebbe cercare un equilibrio tra il rischio che si verifichi un effetto collaterale e il rischio di malattia se il vaccino non viene somministrato. Un esempio illustrativo è l'uso del vaccino antipolio orale (OPV). La poliomielite paralizzante alla somministrazione del vaccino si verifica in circa 1 su 2,5 milioni di persone che ricevono questo vaccino. Il vaccino orale contro la polio è stato utilizzato negli Stati Uniti per 40 anni, portando all'eradicazione della malattia nel 1979.

Dal 2000 il vaccino antipolio inattivato (IPV) è stato l'unico vaccino antipolio raccomandato per l'uso negli Stati Uniti (Centers for Disease Control and Prevention, CDC, 2019). Questa decisione è stata presa perché il potenziale di paralisi dovuto all'OPV, anche se raro, è stato considerato inaccettabile quando esisteva un'alternativa fattibile.

Tuttavia, in molti contesti a basso reddito, l'IPV non era un'alternativa fattibile e quindi il bilancio del rischio era diverso. L'OPV è più economico e più conveniente da somministrare e ha portato all'eradicazione quasi globale della malattia. Il numero di casi di polio di tipo selvaggio in tutto il mondo è diminuito del 99% dal 1988 al 2018, passando da una stima di 350 000 casi (1988) a 33 casi segnalati (2018) ([Organizzazione Mondiale della Sanità OMS], 2019).

L'eradicazione completa a livello mondiale richiederà, alla fine, la cessazione dell'uso dell'OPV trivalente, una strategia in atto da parte dell'OMS attraverso un passaggio comune a un vaccino orale bivalente contro la polio, usato con successo in 150 Paesi a partire dal 2016 (Hampton et al., 2016). Attualmente, i tipi di poliovirus 2 e 3 sono stati eliminati dal mondo.

Conclusione

In questo articolo abbiamo riassunto le comuni polemiche sulla sicurezza dei vaccini ed evidenziamo quelli che riteniamo essere alcuni degli studi più importanti per confutare queste preoccupazioni.

La disinformazione in merito alla sicurezza dei vaccini rappresenta una minaccia per la vita dei bambini in tutto il mondo ed è fondamentale che gli operatori di assistenza primaria comprendano per primi le evidenze scientifiche e possano dire con sicurezza che i vaccini sono un intervento sicuro e salvavita.

Bibliografia

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Metadati

Parole chiave: vaccine, safety, adjuvant, immunization, side effect

Citazione: Geoghegan S, O’Callaghan KP and Offit PA (2020) Vaccine Safety: Myths and Misinformation. Front. Microbiol. 11:372. doi: 10.3389/fmicb.2020.00372

Ricevuto: 04 November 2019; Accettato: 19 February 2020; Pubblicato: 17 March 2020.

Edito da: Kathrin Jansen, Pfizer Inc, United States

Revisionato da: Joanna Kirman, University of Otago, New Zealand Zhou Xing, McMaster University, Canada

Copyright © 2020 Geoghegan, O’Callaghan and Offit. This is an open-access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License (CC BY).

 

[2] L’articolo originale, consultato il 6 gennaio 2021, riportava l’informazione al contrario, cioè indica in 160 le proteine del vaccino contro il vaiolo e in 200 il totale delle proteine dei 14 vaccini del piano vaccinale degli Stati Uniti. Questa informazione viene poi contraddetta poche pagine dopo, nella sezione “Ci sono troppi vaccini in programma?” dove si riportano correttamente i numeri invertiti. L’errore è stato segnalato agli autori (N.d.T.).

Traduzione italiana a cura di ebookecm.it di: Geoghegan S, O’Callaghan KP and Offit PA (2020) Vaccine Safety: Myths and Misinformation. Front. Microbiol. 11:372. DOI: https://doi.org/10.3389/fmicb.2020.00372
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