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Gli scienziati possono monitorare in tempo reale i cervelli mentre ripercorrono i ricordi

La corteccia cerebrale svolge un’importante ruolo nella memorizzazione delle informazioni

I meccanismi cognitivi rimangono sempre un affascinante enigma per gli studiosi. Per poter scoprire come vengono riprodotte le informazioni immagazzinate in memoria i ricercatori del National Institutes of Health hanno monitorato le attività neuronali in pazienti con epilessia durante compiti di memorizzazione.

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Dall’informazione al cervello: ecco come le aree cerebrali immagazzinano i ricordi

Recuperare con successo un evento passato significa rivivere con la mente i dettagli, il contesto e il momento in cui tutto é originato (Tulving, 1972). Secondo alcuni studi mentre stiamo recuperando un’informazione in memoria i modelli di attività neurale sono simili a quelli osservati durante la memorizzazione stessa (Manning et al., 2011; Yaffe et al., 2014).

Il ripristino dell’attività é stato individuato sia nell’area della corteccia (Johnson & Rugg, 2007) che nell’ippocampo (Howard et al., 2012) grazie alle tecniche di oscillazione e di neuroimaging. Il coinvolgimento corticale sarebbe dunque responsabile del recupero mnemonico ma non é ancora chiara la dinamica temporale con la quale questo processo dovrebbe svolgersi.

L’ipotesi infine é che il recupero dell’informazione sia più rapido della codifica stessa. Un concetto che é probabilmente parallelo a quello di replay nei neuroni dell’ippocampo dove i punti focali correlati ad informazioni note si attivano spontaneamente in maniera più rapida (Karlsson e Frank, 2009; Carr et al., 2011).

Ma in che modo avviene questa associazione utile alla codifica e alla pianificazione futura?

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Lo studio del National Institutes of Health

Il ricercatore neurochirurgo presso il National Institute of Neurological Disorders and Stroke (NINDS) Kareem Zaghloul ed il suo team hanno voluto approfondire le attività neurali coinvolte nella conservazione dei ricordi passati in quella che viene definita la “memoria episodica”.

Il team ha registrato le correnti elettriche di pazienti elettrici farmacoresistenti che vivono con elettrodi temporanei impiantati chirurgicamente. Questo meccanismo permette di studiare e monitorare l’attività cerebrale allo scopo di individuare la fonte delle convulsioni.

Lo studio ha preso ispirazione da un caso di epilessia avvenuto nel 1957 dove un paziente presentava difficoltà di recupero mnemonico dopo aver subito l’asportazione di una parte del cervello probabilmente deputata alla codifica degli eventi. Gli studi condotti sui modelli animali inoltre hanno suggerito che il cervello potrebbe immagazzinare informazioni in sequenze neuronali uniche e salienti.

Alex P. Vaz, Ph.D. e co-autore dello studio, ha affermato:

"Abbiamo pensato che se avessimo esaminato attentamente i dati che avevamo raccolto dai pazienti avremmo potuto trovare un legame tra la memoria e i patterns neuronali già riscontrati nei modelli animali" .

Partendo dall’analisi di modelli di innesco di singoli neuroni nel lobo temporale anteriore il team ha registrato le correnti elettriche durante un compito cognitivo. Ai pazienti é stato infatti chiesto di imparare coppie di parole dissociate come “torta” e “volpe”.

I ricercatori del NINDS hanno scoperto che esistevano schemi di attivazione unici associati all’apprendimento di ogni nuova combinazione. Quando veniva presentata la prima parola target nel cervello dei partecipanti si attivava un modello di fuoco simile pochi millisecondi prima che il paziente ricordasse la risposta abbinata.

A tal proposito il dottor Zaghloul ha aggiunto:

"Questi risultati suggeriscono che i nostri cervelli possono usare sequenze distinte di attività che svolgono il ruolo di spie mnemoniche e permettono di riprodurre i ricordi numerose volte”.

Le oscillazioni neurali permettono il collegamento tra aree coinvolte nella memoria

Gli schemi di fuoco neurali così definiti dal team del NINDS non sono nuovi nelle loro ricerche.

Già nel 2019 il team del Dottor Zahloul aveva già individuato delle particolari onde elettriche chiamate increspature che emergono nel cervello qualche secondo prima di ricordare un’informazione corretta.

Le oscillazioni registrate nel lobo temporale anteriore erano inoltre significative associate all’attivazione di alcune aree nel lobo temporale mediale durante l’apprendimento. Il lobo temporale mediale (MTL) svolge infatti un’importante funzione nel recupero delle rappresentazioni neuronali presenti nella corteccia durante la prima memorizzazione.

Gli studiosi hanno ipotizzato inoltre che l’MTL sia implicata nel recupero della memoria episodica (Scoville et al, 1957; Eichenbaum, 2017). Secondo Leonard et al. (2017) questo é possibile grazie alla connessione continua con la corteccia attraverso oscillazioni (o increspature) responsabili dei meccanismi di apprendimento.

Nei modelli animali le increspature dell’MTL possono infatti coordinare le attività neurali nelle regioni corticali (Jadhav et al., 2011) mentre quelle dell’ippocampo sono deputate all'apprendimento (Khodagholy et al., 2017). Le increspature dell’ippocampo umano durante il sonno sono state collegate al consolidamento della memoria umana anche se non é chiaro il loro ruolo nel recupero delle informazioni. Un ulteriore dubbio é se e come oscillazioni corticali e ippocampali siano coordinate temporalmente.

Per approfondire questa ipotesi il team del Dr. Zaghloul (2019) ha utilizzato l’elettroencefalografia intracranica (iEEG) per analizzare elettrodi subdurali posizionati lungo l’MTL e altre aree corticali in un gruppo di 14 partecipanti con epilessia farmacoresistente. Nel gruppo di controllo sono state esaminate inoltre la corteccia motoria e la corteccia somatosensoriale primaria. 

Durante lo studio i soggetti erano impegnati in un compito di memoria episodica verbale. Per poter testare la presenza di increspature accoppiate é stata misurata la potenza dello spettro di ciascuna regione corticale sulla base delle oscillazioni dell’MTL. Dai risultati é emerso che le ondulazioni neocorticali e quelle del lobo mediale differivano di circa 50ms l’una dall’altra confermando studi precedenti sulle frequenze di ondulazione (Axmacher et al., 2008; Staresina et al., 2015).

In tutti i partecipanti infatti un aumento delle increspature accoppiate precedeva la vocalizzazione nei casi di recupero corretto delle informazioni rispetto alle prove errate. Inizialmente Vaz et al. (2019) hanno ipotizzato che questi risultati fossero causa di un bias di dovuto dall’aumento complessivo nell’MTL e non dall’associazione con la corteccia temporale.

Grazie ad una correzione del tasso delle increspature accoppiate é stato possibile confermare i dati già ottenuti in prima battuta.

A tal proposito il Dottor Zaghloul ha affermato:

“I ricordi implicano una riproduzione coordinata di diversi punti focali presenti in tutto il cervello. Studiare come formiamo e recuperiamo i ricordi non é importante solo per noi stessi ma anche per capire come i circuiti neuronali possono influire sui deficit di memoria”. 

In conclusione gli studi hanno dimostrato come l’immagazzinamento e il recupero delle informazioni in memoria non sia compito di un’unica area cerebrale ma vi sono implicate diverse associazioni neuronali. Le increspature accoppiate infatti sono determinanti per il ripristino dell’attività neuronale corticale attiva durante la codifica delle informazioni. L’obiettivo della ricerca futura è approfondire in quale misura tali associazioni possono influire ad esempio negli interventi di riabilitazione nel caso di malattie neurodegenerative.

 

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Fonti:

Eichenbaum H., (2017) Coupled ripple oscillatioAns Abetween the medial temporal lobe and neocortex retrieve human memory, Neuron 95, 1007–1018 

Vaz A.P., John H. Wittig, Inati S.K., Zaghloul K.A., (2020). Replay of cortical spiking sequences during human memory retrieval. Science; 367 (6482): 1131 DOI: 10.1126/science.aba0672

Inserita il 10/04/2020

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