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La biodiversità mondiale si troverebbe in uno stato peggiore di quanto si pensasse. Lo studio

I rapidi cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova l’ecosistema mondiale

L’emergenza climatica è diventata l’argomento principe di questi ultimi anni. Mentre le aspettative iniziali potevano sembrare più ottimistiche, i cambiamenti repentini del clima stanno peggiorando rapidamente la situazione. Gli studiosi dell’Università del Sussex hanno lanciato l’allarme sulle condizioni attuali del nostro ecosistema.

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La reale situazione dell’ecosistema odierno.

I bruschi cambiamenti del territorio dovuti dalla deforestazione incontrollata o all’intensificazione agricola stanno causando effetti sulla biodiversità. A questo si aggiungono anche i processi geologici che appartengono ad epoche precedenti. Tra gli eventi di origine naturale vi sono per esempio incendi e tempeste, i quali rendono ancora più difficile la misurazione della biodiversità attuale a livello globale.

In che modo gli eventi del passato possono influenzare l’attuale configurazione geologica?

Gli eventi del passato hanno un effetto negativo sul cosiddetto ritardo biotico, ovvero lo sviluppo di batteri, parassiti e simili che agiscono sulla vegetazione e altri processi naturali. Il ritardo biotico infatti influisce negativamente sul numero di specie e di individui presenti in un determinato sistema e ne riduce la capacità di reagire attivamente ai processi distruttivi.

Gli impatti del cambiamento possono essere arginati da questa capacità di resistere e recuperare ma risulta difficile proprio a causa dell’aggravarsi di fenomeni come:

  • il credito di colonizzazione (insediamento di una comunità biologica in un’area che ne è priva)
  • il debito di estinzione (scomparsa definitiva di una o più specie)
  • gli effetti della memoria ecologia (insieme di informazioni insufficienti per ricostruire lo status quo di un sistema ecologico)

Per poter quindi valutare in generale l’impatto del brusco cambiamento è stato necessario rilevare misure quantitative del “cambio di terra”.

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Lo studio dei ricercatori dell’Università del Sussex

Lo studio del team di ricercatori dell’Università del Sussex dimostra i cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni a causa degli eventi catastrofici e dell’intervento dell’uomo.

Il dottor Martin Jung, il professore Pedram Rowhani e Jörn Scharlemann (2019) hanno affermato che le aree soggette a deforestazione o intensificazione dell’agricoltura possono recuperare il loro status di base dopo almeno dieci anni. Un arco di tempo incredibile se consideriamo che l’emergenza climatica ha già messo in serio pericolo la ricchezza e la diversità di tantissime specie.

Per poter confermare questa teoria lo studio ha utilizzato i dati sulla biodiversità locale del database PREDICTS, uno dei più grandi database esistenti su piante, funghi e animali terrestri.

A questi dati sono state aggiunte le immagini dai satelliti Landsat della Nasa rilevate in un periodo che va dal 1982 al 2015. La possibilità di analizzare le immagini satellitari consente il rilevamento e la quantificazione dei cambiamenti geologici a livello globale (Song et al, 2018; Kenney et al., 2014).

Questo cambiamento può essere misurato attraverso le dinamiche intra e inter annuali dell’attività fotosintetica come:

  • gli indici di vegetazione (Linderman et al., 2005; Pettorelli et al., 2005)
  • cambiamenti improvvisi di magnitudo (DeVries et al., 2015; Kenney et al., 2012)
  • intervallo di tempo tra i vari spostamenti (Potter et al., 2003).

Le analisi quantitative inoltre si sono basate sulla raccolta di quattro misure differenti di biodiversità locale:

  • ricchezza della specie
  • abbondanza totale
  • uniformità
  • turnover della specie.

Nello studio sono stati comparati i dati di 5.563 siti “disturbati” con quelli di 10.102 siti “indisturbati” di tutto il mondo, partendo dall’Africa sino all’Asia.

I risultati hanno confermato che la biodiversità rimane influenzata dagli eventi precedenti proprio a causa del ritardo biotico. La ricchezza e l’abbondanza delle specie infatti sono risultati inferiori rispettivamente del 4,2% e del 2% nei siti in cui si è verificato un brusco cambio di terra.

Nei siti che hanno subito cambiamenti negli ultimi cinque anni inoltre è stata rilevata una diminuzione del 6,6% delle specie presenti in origine. Solo nei siti con cambiamenti avvenuti oltre dieci anni fa la biodiversità era indistinguibile da quella di siti che non avevano subito alcun evento traumatico.

Questo significa che l’ecosistema è in grado di recuperare e arginare gli effetti dei cambiamenti geologici.

A tal proposito il dott. Martin Jung ha affermato:

"Il nostro studio dimostra che possono essere necessari almeno dieci o più anni per le aree per ripristinare livelli di biodiversità paragonabili a siti indisturbati. Ciò non fa che rafforzare la necessità di arginare gli impatti del cambiamento di terra sulla biodiversità con rapidità immediata. "

Per gli studiosi è quindi importante riuscire ad analizzare il passato per avere dati più precisi nel presente. L’aiuto sostanziale è dunque arrivato dall’utilizzo strategico delle immagini satellitare che hanno fornito anche idee più precise riguardo le modalità di intervento e di recupero future.

Sebbene i risultati dimostrassero una capacità di resilienza ecologica da parte dei siti che avevano subito cambiamenti nel ripristinare lo status quo della biodiversità, gli studi sono tuttavia incompleti.

Al riguardo il prof. Jörn Scharlemann ha aggiunto:

"Anche se il numero di specie e individui sembra riprendersi più di 10 anni dopo un cambio di terra, dovremo comunque scoprire se le specie uniche originali si riprendono o se le specie diffuse comuni, come erbacce, piccioni e ratti, spostati in queste aree disturbate ".

In conclusione, gli studi hanno dimostrato come non é solo l’azione della natura a cambiare l’assetto dell’ecosistema globale. L’azione dell’uomo produce effetti devastanti che si ripercuotono anche a lungo termine. Grazie alla ricerca che combina i dati quantitativi delle immagini satellitari e i dati qualitativi sulla ricchezza e l’abbondanza della specie è possibile avere un quadro più completo della situazione della biodiversità.

Il compito della ricerca sarà quello di approfondire i processi che portano al ripristino dello status quo nei siti “disturbati” per rendere più efficaci le modalità di intervento e recupero ambientale.

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Fonti:

DeVries, B., Verbesselt, J., Kooistra, L. & Herold, M. Robust monitoring of small-scale forest disturbances in a tropical montane forest using Landsat time series. Remote Sens. Environ. 161, 107–121 (2015).

Jung M., Rowhani P., Scharlemann J.P.W., Impacts of past abrupt land change on local biodiversity globally. Nature Communications, 2019; 10 (1) DOI: 10.1038/s41467-019-13452-3

Kennedy, R. E. et al. Bringing an ecological view of change to Landsat-based remote sensing. Front. Ecol. Environ. 12, 339–346 (2014). 

Pettorelli, N. et al. Using the satellite-derived NDVI to assess ecological responses to environmental change. Trends Ecol. Evol. 20, 503–510 (2005). Potter, C. et al. Major disturbance events in terrestrial ecosystems detected using global satellite data sets. Glob. Chang. Biol. 9, 1005–1021 (2003).

Inserita il 21/02/2020

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