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Non solo problemi fisici: la risonanza magnetica rivela i danni cerebrali negli adolescenti obesi

L’obesità é anche causa di danni al cervello nei più giovani

Il problema dell’obesità tra i più giovani si è triplicato negli ultimi cinquant’anni. Oltre a causare difficoltà motorie e cardiovascolari, la ricerca della Radiological Society of North America ha scoperto che l’obesità causa anche danni cerebrali a lungo termine.

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I rischi legati all’obesità giovanile

L’obesità tra le nuove generazioni è diventato un importante problema di salute pubblica.

Secondo il Centers For Disease Control and Prevention, negli Stati Uniti il fenomeno la percentuale di bambini e adolescenti obesi è diventata tre volte tanto rispetto al 1970. Il WHO (World Health Organization) ha riportato invece dati allarmanti rispetto la crescita della popolazione mondiale affetta da obesità. Si è passati infatti da 32 milioni di bambini nel 1990 a 41 milioni nel 2016.

Perché la crescita esponenziale dei rischi legati all'alimentazione è diventata una priorità per la ricerca scientifica?

L’obesità è a tutti gli effetti un fattore di rischio non solo per malattie cardiovascolari e metaboliche ma anche per il cervello.

Due sono le correnti che guidano il presupposto teorico secondo il quale l’obesità comprometterebbe le prestazioni nei test di intelligenza.

Da una parte vi sono gli studi di neuroimaging che documentano le anomalie strutturali e funzionali che si manifestano già nell’adolescenza (Convit, 2012).

Dall’altra vi sono studi longitudinali che seguono coorti di soggetti adulti. L’ipotesi é che gli adulti obesi possano avere più probabilità di soffrire di declino cognitivo rispetto ai loro coetanei (Debette et al, 2011; Anstey et al., 2011). Questa scoperta ha dato origine a teorie secondo le quali la prevenzione e il trattamento della patologia possono proteggere gli anziani dai danni cerebrali. E’ stato evidenziato tuttavia come il basso QI misurato nell’infanzia sia già un fattore di rischio per l’obesità adulta e che possa spiegare l’interazione tra funzione cognitiva e processi cardiometabolici.

Le ricerche della Radiology Society of North America si sono quindi focalizzate sulle infiammazioni nel sistema nervoso innescata dalla malattia.

Gli sviluppi nella risonanza magnetica come l’imaging del tensore di diffusione (DTI) hanno permesso ai ricercatori di studiare direttamente questo danno. Il DTI infatti rivela la diffusione dell’acqua lungo i tratti di sostanza bianca del cervello e ne prova l’integrità microstrutturale. Stephens (2019) hanno confrontato i risultati DTI di 59 adolescenti obesi e 61 sani di età compresa tra i 12 e i 16 anni.

Lo strumento di neuroimaging ha permesso agli studiosi di individuare la anisotropia funzionaria (FA), una misura correlata alle condizioni della sostanza bianca. Una riduzione della FA infatti indica un aumento del danno strutturale del cervello. Nel caso di adolescenti obesi la riduzione della FA era significativa nelle regioni del corpo calloso e del giro orbitofrontale medio, un’area deputata al controllo emotivo e al circuito di ricompensa.

La dottoressa Pamela Bertolazzi, co-autrice dello studio, ha affermato:

"Cambiamenti cerebrali riscontrati in adolescenti obesi legati a importanti regioni responsabili del controllo dell'appetito, delle emozioni e delle funzioni cognitive".

Oltre ad una riduzione della funzionalità della sostanza bianca, i risultati hanno riportato danni anche ad alcuni marker infiammatori come la leptina. Quest’ormone infatti svolge il ruolo di regolare i livelli di energie e le riserve di grasso, bloccando il circuito della fame.

E’ stato riscontrato come una disfunzione del meccanismo della leptina provochi un corto circuito nel sistema che regola la fame stimolando le persone a mangiare nonostante le riserve di grasso siano eccessive. Gli studi futuri saranno focalizzati nell’approfondire la correlazione tra i cambiamenti del cervello e il ruolo svolto dalla neuroinfiammazione data dalla leptina.

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Gli effetti a lungo termine dell’obesità sul cervello

Belsky et al. (2013) ha invece approfondito la correlazione tra basso QI e anomalie strutturali nell’età adulta attraverso una prospettiva longitudinale. Utilizzando i dati provenienti dal Dunedin Multidisciplinary Health and Development Study ha studiato una coorte di 1037 bambini in Nuova Zelanda.

I partecipanti sono stati seguiti dalla nascita (tra il 1972 e il 1973) sino al compimento dei 40 anni.

Per lo studio sono stati presi in considerazione:

  • quoziente intellettivo alla nascita e in età adulta
  • misurazioni antropometriche alla nascita
  • misurazioni antropometriche in 12 valutazioni successive

L’obesità è stata valutata ad intervalli regolari durante i follow up nell’arco dei 4 decenni di studio.

I punteggi QI sono stati misurati a 7, 9 e 11 anni e poi di nuovo all’età di 38 anni.

Gli strumenti utilizzati erano:

  • Wechsler Adult Intelligence Scale (valutazione abilità intellettuali adulti)
  • Wechsler Intelligence Scale for Children (valutazione abilità intellettuali bambini)
  • Rey Auditory Verbal Learning Test (valutazione memoria verbale adolescenti)
  • The Trail Making Test (test neuropsicologico attenzione visiva)
  • Groove Pegboard Test (test valutazione destrezza manuale)

I risultati hanno mostrato che i partecipanti che avevano sviluppato obesità avevano punteggi del QI più bassi rispetto alla media. Questo elemento era tuttavia già presente nella prima misurazione del QI già a tre anni, dimostrando che l’obesità non ha una correlazione lineare con il declino cognitivo.

In conclusione, l’obiettivo delle ricerche future sarà di puntare l’attenzione su un approccio integrato delle metodologie di neuroimaging e di risultati neuropsicologici per avere un quadro teorico più completo.

Individuare la correlazione causale tra basso QI in giovane età e sviluppo dell’obesità in età adulta potrebbe fornire un importante indicatore per la prevenzione di disturbi come la demenza senile e il declino cognitivo.

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Fonti:

Anstey KJ, Cherbuin N, Budge M, et al. Body mass indexin midlife and late-life as a risk factor for dementia: a metaanalysis of prospective studies. Obes Rev. 2011;12(5):e426–e437.

Belsky D.W., Caspi A., Goldman-Mellor S., Meier M.H., Ramrakha S.,Poulton R., Moffitt T.E., Is Obesity Associated With a Decline in Intelligence Quotient During the First Half of the Life Course?, American Journal of Epidemiology Vol. 178, No. 9 DOI: 10.1093/aje/kwt135 Advance Access publication: September 12, 2013

Debette S, Seshadri S, Beiser A, et al. Midlife vascular risk factor exposure accelerates structural brain aging and cognitive decline. Neurology. 2011;77(5):461–468. Radiological Society of North America. "MRI reveals brain damage in obese teens." ScienceDaily. ScienceDaily, 25 November 2019.

Stephens K.. MRI Reveals Brain Damage in Obese Teens. AXIS Imaging News, 2019.

Inserita il 12/02/2020

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